Caro Hans, mi hanno detto che posso scrivere una lettera e quindi eccomi qua a parlare con te, forse per l’ultima volta.

Caro Hans, fratello adorato, il cielo mi ha regalato la fortuna di averti come fratello. La nostra è sempre stata una famiglia molto unita, è vero, ma tra noi, più che con gli altri fratelli, c’è sempre stato qualcosa di speciale, come fossimo anime gemelle. Forse perché ci assomigliavamo davvero molto da ragazzini, con lo stesso ciuffo ribelle che ci ricadeva sulla fronte e quelle espressioni identiche che vengono a chi sta tanto tempo insieme. Ogni tanto qualcuno ci scambiava davvero per gemelli, tu ti schernivi, io facevo finta di niente ma mi scappava un sorriso felice.
«Strappate il mantello dell’indifferenza che avvolge il vostro cuore!
Decidetevi prima che sia troppo tardi»

Caro Hans, ricordi il primo volantino che abbiamo stampato? Siamo stati in piedi tutta la notte facendo i turni coi compagni per riuscire a stamparne migliaia di copie con quella vecchia stampante a mano. E poi il giorno dopo li abbiamo cominciati a diffondere in università. Ricordi? Eravamo così agitati e fieri.
Tu sei sempre stato così: inattaccabile nelle tue convinzioni, senza paura, senza ripensamenti, retto nella tua morale. Pulito, mi viene da dire. E io ti ho seguito, mia anima gemella, condividendo ogni slancio, ogni idea, non so se per abitudine a venirti dietro come sempre o per sentirmi dire ancora, come quando eravamo piccoli: ma quanto vi assomigliate!
Io volevo assomigliarti, essere proprio come te, intrecciare il mio destino col tuo; non mi sono mai chiesta il perché; le cose giuste non generano mia domande, accadono e basta.

Caro Hans non rimpiango nulla di tutto quello che abbiamo fatto, dalle prime riunioni della Rosa Bianca, all’ultima valigia piena di volantini che abbiamo lanciato nella tromba delle scale dell’Università. Oh che momento, che pazzia! Che gioia!
Mi dispiace solo per i nostri genitori che certo soffriranno, forse ci vedranno come degli sconsiderati, degli scriteriati senza il senso del pericolo. Ma chi definisce il confine tra coraggio e incoscienza?
Abbiamo semplicemente aperto il nostro cuore alla lotta per ciò che era giusto, senza curarci delle conseguenze; chiamatelo come volete, dovevamo farlo.

Caro Hans condividere la mia vita, tutta, per intero, con te, è stato un grande privilegio ma spero che il nostro finale invece sarà diverso, che tu possa leggere questa lettera, che i giudici con te siano stati più clementi, che tu abbia saputo convincerli della tua innocenza come non ho saputo fare io. In questi tempi bui il diritto di opinione non è più un diritto, pare.
Ti lascio col ricordo di noi in cima a quelle scale, tutti quei fogli che volteggiavano e noi pieni di vita, sarà l’immagine gloriosa e felice che porterò con me, per sempre.
«È una giornata di sole così bella, e devo andare, ma che importa la mia morte, se attraverso di noi migliaia di persone sono risvegliate e suscitate all’azione?»

Il 22 febbraio 1943 Sophie Scholl venne condannata a morte per la sua condotta antifascista e sovversiva.
Lo stesso giorno vennero ghigliottinati il fratello Hans e l’amico Christoph Probst.

 

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