«Hay un order que respetar»
«Ma domani abbiamo un traghetto, è l’unico che parte per Puerto Chacabuco. Por favor può chiedere al meccanico se può dare solo un’occhiata?»
«Intiendo pero hai un order que respetar»
«Por favor, siamo disperate, come facciamo a partire per la Carretera Austral se non sistemiamo il freno?»
«Intiendo, pero hay un order…»
Sì, ho capito, l’order que respetar, ma siamo in Cile o a Berlino?
Non dovrebbe essere che qui funzionano le regole del sud del mondo?
Lo strappo alla regola come stile di vita? No?
Ascolti, io sono quella coi capelli ricci, che non attraversa sulle strisce e che va in giro in bici perché la bici è anarchica, por favor!
Io e Silvia proviamo cinquanta sfumature di supplica. Da quella piagnucolosa a quella disperata, arrivando alla fine a una quasi rabbiosa.
Le commesse sono tre. Una con le unghie bianche quadrate lunghe quattro centimetri e un piercing sul naso che non ha mai alzato gli occhi dal computer, nemmeno quando siamo entrate. La seconda, che è quella del ‘hay un order’, occhi piccoli neri che ci guardano fermi e impassibili mentre ripete la sua litania. La terza ha le sopracciglia disegnate e una bandana, il suo sguardo tradisce un accenno di incertezza, quasi di empatia. Decidiamo di lavorare su di lei.
Dopo un quarto d’ora cominciano a consultarsi tra di loro, sottovoce; è fatta!
Diamo l’ultima accelerata sul pedale del piagnucoloso ed ecco che la nostra commessa empatica va a chiamare il meccanico.

Oggi siamo su un cargo dirette a Puerto Chacabuco con le bici perfettamente frenanti e il cuore scalpitante per la partenza.
La responsabile della sicurezza del cargo ci illustra le regole del nostro viaggio. Alla fine ci dice che sulla nave non si può bere alcol. Ma come? «Nemmeno l’ultimo dell’anno?»
«No!»
Decidiamo di tenere segreta l’esistenza di una bottiglia di Moet & Chandon che speravamo di mettere in fresco.
Io intanto mi appunto sulla moleskine: i cileni sono più rigidi dei tedeschi!

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