Il 5 è sempre stato il mio numero preferito. Passo dopo passo, anno dopo anno, il 5 era sempre lì, fin da piccola ha costellato la mia vita di mille coincidenze.

Abitavamo in Rue Saint Eustache al numero 5 quando ero bambina. Eravamo 5 fratelli. A scuola dalle suore ero la quinta in ordine alfabetico sul registro. Quando ho cominciato a cantare mi esibivo in un locale che si chiamava 55 e li ho conosciuto Etienne e la mia vita è cambiata.
Poi il 5 l’ho perso cominciando a inseguire gli uomini.

Etienne mi ha fatto scoprire la passione per i cavalli e cavalcare mi ha fatto scoprire che volevo essere una donna libera. Ho disegnato pantaloni e vestiti comodi, ho accorciato le gonne e mi sono tagliata i capelli corti, ho cucito dei vestiti per donne che potessero andare a cavallo, in bicicletta; fino a oggi le donne dovevano farsi stringere il corsetto dalla cameriera, farsi infilare le maniche perché da sole non potevano vestirsi. È arrivato il momento perché la nuova donna che sta per arrivare abbia i vestiti che si merita.

Dicono che la mia passione per il bianco e nero sia nata quando ero piccola e l’unico esempio di eleganza che avevo erano le vesti delle suore. Dicono che sono così ossessionata dagli uomini perché mio padre ci ha abbandonate quando eravamo piccole. Dicono che sono irascibile e scontrosa. Dicono che sono una pazza, una mezza pazza, un’eccentrica.
Dicono tante cose ma ci sarebbe solo da tacere e lasciare che le rivoluzioni facciano il loro corso. Sono arrogante e presuntuosa? Dicono anche questo, ma sono passata per così tante disgraziate circostanze che non mi importa di quello che si dice di me. Ho perso mia madre, sono stata in orfanotrofio, ho fatto la fame, ho cantato in un nightclub per sopravvivere; ho imparato a planare con leggerezza ed eleganza sopra a ogni cosa.
Dicono di me che sia fredda e austera. Dicono tante cose, non date retta.

Ma sto divagando, scusate. Tornando al numero 5. Dopo averlo perso per molti anni poi a un certo punto per una strana coincidenza l’ho ritrovato, il mio numero.
Camminavo per Rue Chambon, erano settimane che cercavo un profumo, un profumo che non fosse di rosa, perché una donna dovrebbe sapere di rosa? Ma se non sa di rosa e non sa di mughetto di cosa deve profumare una donna? Una donna dovrebbe sapere di donna! Ecco quello che volevo, mi sono detta. Ho chiamato il mio profumiere e gli ho spiegato cosa avevo in mente. Un profumo mai sentito prima per una donna che non è mai esistita prima. Dopo qualche giorno è arrivato con dei flaconi di prova. Sopra a ogni bottiglia c’era un’etichetta con un semplice numero, solo per distinguere i campioni l’uno dall’altro.
Senza provarli sapevo già quale sarebbe stato il prescelto. Il numero 5 si stagliava nero sul bianco dell’etichetta e prometteva già tutto.
Un mondo nuovo stava per aprirsi e io mi sentivo la sacerdotessa, pronta a battezzare questo nuovo corso.

Dicono che il 5 sia stato da sempre il mio numero preferito. Dicono che da piccola quando ero la quinta nel registro delle suore abbia cercato di scappare di notte da una finestra. Dicono che da quando sono diventata famosa non ho mai più voluto vedere i miei fratelli e le mie sorelle. Dicono che quando aspettavo mio padre che a volte veniva a trovarci la domenica mi mettessi all’angolo della via sperando di vederlo comparire e contassi fino a 5 e poi ancora 5 e poi ancora…
Dicono una sacco di cose quando una donna è libera, ma voi non date retta.

 

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