Qui una volta c’era un cinema, adesso c’è una biblioteca con il mio nome. Oggi sono passate due ragazze, non so quanti anni avevano, io l’età non la so dare. Due che vanno in giro con la bici da corsa. Hanno detto che si chiamano le Cicliste per caso, sono entrate, hanno appoggiato le bici in ufficio, che sennò quattro ne trovavano di bici quando uscivano, e hanno stretto la mano a mio padre.

Mio padre è un poco schivo ma è tanto forte. Anche se tutti poi si accorgono di quel dolore che c’ha ancora appiccicato addosso. Eh come si fa, come ce lo si scrolla di dosso quel dolore lì?

Le due cicliste non sapevano niente di me, forse poco. Quei trafiletti che riportano i giornali del nord. Qualcosa in internet. Perché loro due sono di Milano. Che poi li è proprio un altro mondo. Mi sarebbe piaciuto andare a Milano, ma anche a Roma, a Torino e poi a Londra, che so girare il mondo. Non sarebbe stato bello? Però era pure bello stare qui al quartiere Forcella con papà che mi portava a casa la pizza fritta e mi difendeva quando la mamma si arrabbiava. Pure quella volta che ho fatto il piercing al naso. Un brillantino piccolo. Lui mi ha difeso come faceva sempre. E lei gli diceva che venivo su viziata perché me le dava tutte vinte. Però a Forcella c’era sempre da avere paura. E nel mio diario io scrivevo che me ne sarei andata di qui. Prima o poi.

E comunque queste due ragazze sono venute a far veder un film che si chiama La bicicletta verde. E parla di una ragazzina che ha la mia età e che abita in Arabia Saudita e non può andare in bici. Ma lei testarda lotta contro tutti e alla fine la compra la bicicletta verde. A Forcella la bici non si usa; ma il film non è che parla di bici e basta. Parlava di emancipazione e libertà, hanno detto le due ragazze che sono arrivate da Milano con la bici. Che io poi emancipazione non è che so bene cosa vuol dire. La professoressa una volta ce l’ha spiegato e ho capito che i maschi e le femmine devono essere uguali.

Se fossi ancora viva oggi avrei 26 anni e, chissà, forse sarei andata anch’io a mangiare la pizza da Michele dopo il film con le due cicliste e tutte queste persone simpatiche che girano per Napoli con la bici e stanno in un’associazione di ciclisti pure loro.

Invece sono morta il 27 marzo 2004. A quattordici anni. Ero nel posto sbagliato al momento sbagliato, hanno detto. Anche se Erri De Luca, che ho saputo è uno scrittore famoso, ha scritto che invece ero nel posto giusto al momento giusto. Di giorno, per strada, con le mie amiche e il mio sorriso pieno di vita. Erano i proiettili e la camorra che erano al posto sbagliato nel momento sbagliato e che si sono messi di mezzo tra me e la vita. Tra me e quello che sarei diventata. Ma che donna si può diventare al quartiere Forcella? Me ne sarei davvero andata?

Mi dispiace per la mia triste storia, Cicliste per caso, mi spiace di avervi intristito e un po’ spaventato questa sera. Non dimenticatela e raccontatela a qualcuno la mia violenta fine perché sia l’inizio di qualcos’altro, perché le cose un pochino possano cambiare.

Mi chiamo Annalisa Durante, ho quattordici anni, sono quella ragazzina lì, bella come il sole, che se ne sta nella via, con un sorriso da qui a lì, che sta nel posto giusto al momento giusto. E me ne starò lì per sempre col mio sorriso giusto pronta per il futuro.

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