Dora è la guardiana. Ha una chiave enorme di quelle a forma di chiavi di una volta. Fa la guardiana da quando si è sposata. Prima abitava a Lauria Inferiore, poi si è trasferita a Lauria Superiore.

Pasquale, giornalista di una testata locale, ci fa da Cicerone e ci racconta che tra Lauria inferiore e Lauria superiore ci sono state rivalità molto accese e continuano ad esserci forti campanilismi. Il Comune per anni è stato spostato dal rione inferiore a quello superiore ad anni alterni. Poi hanno deciso di metterlo a metà strada esatta tra i due centri. Pare che a un certo punto, anni fa, qualcuno si fosse fatto promotore di una iniziativa per erigere un muro. Un muro per dividere Lauria inferiore da Lauria superiore. E che avesse raccolto un certo numero di adesioni… Poi è arrivato il 15 di agosto: ogni odio si è dissolto e ogni muro si è sgretolato e tutti insieme, inferiori e superiori, come ogni anno, sono saliti al santuario della Madonna del Monte Armo per festeggiare l’Assunzione in cielo della Vergine.

Dora è la guardiana. Da quarantasei anni si occupa del santuario come volontaria, è la sua missione. Sua e del marito, che da qualche anno non c’è più.

«Se non avessi avuto questo marito – dice – che condivideva completamente la mia scelta e mi aiutava, non avrei mai potuto. È stato importante mio marito. Abbiamo fatto tutto assieme. Abbiamo tre figli. La grande è sposata, quella in mezzo è suora e fa la missionaria in giro per il mondo. Il terzo è ancora in casa. Mi fa compagnia».

Per Dora la cura del santuario è una roba seria, una passione totale. Ci fa notare tutti i particolari, le statue, il pavimento originale, ci fa salire sull’organo per vedere la chiesa dall’alto, perché è tutta un’altra cosa. Lei ogni tanto sale quassù per vedere le navate e l’altare con occhi nuovi.

La chiesa e la Madonna sembrano essere tutto per Dora, i più bei ricordi che ha sono legati a questo luogo e alle persone venute in pellegrinaggio qui che ha accolto a casa sua. Racconta di quella volta che un gruppo di suore erano venute al santuario per un ritiro e lei ha preparato dei fusilli col ferro, vicino al camino, perché si era immaginata che poi sarebbero state affamate. Mi dice che ogni tanto ripensa agli episodi della sua vita e della chiesa, ed è come vedere un vecchio film che la rincuora e la fa stare bene.

Le dico: «Con tutta questa dedizione si sarà aggiudicata un posto in paradiso».

Lei risponde sicura: «No, no». Ma è un «no, no» come dire: «Non l’ho fatto per questo. L’ho fatto perché era la cosa che volevo fare».

Ridiscendiamo con Pasquale. Penso che io al paradiso non ci credo e che tutta questa fede non riesco a capirla. Dora sembrerebbe una donna semplice a cui non interessa nemmeno parlare di emancipazione e di libertà di scelta, eppure in qualche modo lei è stata una donna libera, mi dico, che ha trovato un uomo che l’ha assecondata nella sua scelta, che è diventato suo complice, che le ha permesso di fare esattamente quello che voleva. Anni luce lontano dalla mia idea di emancipazione. Eppure, chi lo decide cos’è la libertà?

Prima di ritornare a Lauria inferiore il nostro Cicerone ci fa visitare una chiesetta a cui è molto affezionato. La chiesa è dedicata a San Pasquale Baylon protettore delle donne. Coincidenze, penso. Protettore delle donne e delle nubili in cerca di marito, scopro indagando un po’. Pare che nella tradizione napoletana si usi invocare: «San Pasquale di Baylonne protettore delle donne, fammi trovare marito, bianco, rosso e colorito, tale e quale, o glorioso San Pasquale».

Stamattina ripartiamo per Morano Calabro, sarà una giornata faticosissima di monti e valichi da scalare, pensiamo a Dora che silenziosa sistema i fiori sull’altare e ci immaginiamo un coro di donne napoletane che anelano a un uomo bianco, rosso e colorito… Noi intanto pedaliamo, sperando che San Pasquale a noi spiani la strada, per l’uomo bianco rosso e colorito se ne riparlerà.

 

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