Ma di cosa sono fatte le nuvole?

Riprendiamo un volo, ci rimettiamo in viaggio, dopo questo lungo periodo di fermo forzato, con le nostre bici nuove arrivate all’ultimo secondo perche tutti vogliono le bici da quando è scoppiato il Covid. Le abbiamo smontate e impacchetate senza nemmeno riuscire a provarle. Le roderemo durante il viaggio, incrociamo le dita.

Mentre oltrepassiamo le Alpi, perche ahimé ci tocca uno scalo a Francoforte, ci attende una coltre di nubi, enormi e soffici cumulonembi; Silvia guarda fuori, il lato finestrino è sempre suo, e tra sé e sé dice: ma di cosa sono fatte le nuvole? L´aereo  comincia a sussultare, niente di incredibile ma le turbolenze ce le eravamo dimenticate, e la domanda rimane li a mezz’aria sospesa insieme ai cumulonembi.

All’atterraggio a Malaga un sms di Lufthansa ci avvisa che le bici non sono state imbarcate nel nostro aereo e di rivolgersi all’ufficio lost and found; cominciamo bene. Ovviamente nel cartone delle bici abbiamo stipato l’impossibile, tra cui, con grande astuzia, anche il beauty. Ce le porteranno in albergo nel pomeriggio, dice la tizia del lost and found con cui ci intratteniamo lungamente per cercare di farci capire sul tipo di scatola che contiene le bici. Cartone, carton, non doveva essere cosi complicato intendersi, Silvia è gia lanciata con il suo improbabile spagnolo, io insisto che sarebbe meglio una lingua neutra, usiamo l’inglese anziche andare avanti per dieci minuti con carton, cartone, no?

Malaga vuol dire sale, qui pare fossero i maghi della conservazione del pesce sotto sale. Malaga è un giorno cuscinetto per montare le bici. Malaga è una sorprendente fioritura di palissandri, jacaranda come li chiamano qui. Un rosa viola da fare invidia alle fioriture dei ciliegi in Giappone. Malaga è una parilla al posto di una pajella, per la solita pronuncia impeccabile di Silvia. Malaga sono le nostre prime tapas e la sangría. Malaga è la citta natale di Picasso. Malaga è un Pompidou con le vetrate colorate di Daniel Buren che si riflettono in un cortile interno del museo. Malaga è un Picasso bronzeo seduto su una panchina con i bambini che si arrampicano sulla sua testa, si dondolano alle sue gambe.

Ma quanto peserà il nostro bagaglio? Ci eravamo dimenticate come si pedala col peso del bike packing, passiamo le prime ore di bici a tararci, ci fermiamo perche sentiamo degli strani rumorini, dei cigolii, è la normale familiarizzazione con la bici nuova, dobbiamo conoscerci vicendevolmente, diventare amici, imparare a capirci, ci vorranno giorni. Lo sappiamo.

Siamo ancora lì a soppesare quanta fatica in più si faccia col bagaglio, che siamo uscite da Malaga e imbocchiamo un camino agricolo poco trafficato ma con pendenze impossibili. È il primo giorno, è mezzogiorno, e io sto gia facendomi la fatidica domanda, quella che un ciclo viaggiatore si fa sempre, a un certo punto della vacanza: perché? Perché sono qui a spingere sui tacchetti che scivolano con trentacinque gradi e sembra di essere sul monte Sinai un attimo prima che i cespugli prendano fuoco e un angelo appaia a dirti qualcosa di fondamentale? Perché?
Ma nessun cespuglio si incendia e il nostro angelo è un viandante con due cani che ci indica che poco più su dietro l’angolo c’è una fontana.