Pedaliamo controvento da tre ore, mancano ancora venti chilometri a Catania. È la nostra ultima tappa di questo viaggio in bici in Sicilia. Oggi sperimentiamo tutto il brutto del viaggio in bici. Fa freddo, siamo su una strada orribile, una statale a percorrenza veloce che sembra un’autostrada, dritta, a doppia corsia, piena di camion che ci fanno tremare ad ogni passaggio. All’orizzonte per metà del tragitto il polo petrolchimico, che si estende infinito e imponente da Priolo fino ad Augusta, e che a tratti incombe anche coi suoi miasmi. Come se non bastasse un maestrale gelido ci arriva addosso con una potenza inattesa e anche in discesa ci tocca pedalare con tutta la forza che abbiamo nelle gambe per andare avanti.
Non arriveremo più, mi dico sconfortata.

Gli ultimi giorni sono stati i più difficili. Abbiamo preso la pioggia e il freddo, anche in Sicilia esiste l’inverno ci siamo dette incredule dopo la prima settimana che sembrava primavera, peccato perché le città barocche ci sarebbe piaciuto vederle con il sole per esaltarne i colori e le luci e le ombre scenografiche. Con l’ombrello e il cielo basso fanno un effetto diverso.
Eppure anche così ci impressionano più di quanto avrei immaginato, il barocco non è il mio stile architettonico preferito, e invece queste città ricostruite per intero dopo il terribile terremoto del 1693 sono davvero sorprendenti, sembra di girare sul set di un film e qualche film ce l’hanno girato veramente. Ibla appare arrivando da una tortuosa discesa ed è subito un colpo, e poi Modica che vediamo al volo parcheggiando le bici alla base della ripida scalinata della cattedrale, poi pedaliamo veloce sotto la pioggia fino a Noto e poi Siracusa il giorno dopo. È un’immersione in una Sicilia diversa da tutte le precedenti, una Sicilia nelle mille Sicilie che abbiamo scoperto fino a oggi. Monumentale, rurale, povera, sporca, antica, bellissima, fatiscente, ricca, sorprendente.
Poi finalmente Catania con l’incredibile monumento a un elefante, i pini marittimi altissimi nel giardinetto del duomo, le centinaia di chiese barocche e Carmen Consoli che da qualche parte starà componendo un nuovo pezzo.
In fondo l’Etna che ci aspetta per il prossimo viaggio, la vetta innevata.

Mi immagino la Sicilia come una vecchia contadina stremata, con le mani spaccate e ruvide ma che nei tratti del viso conserva tutti i segni della bellezza antica e lo sguardo è rimasto vivo, acceso, come di chi non si è dato per vinto, una donna che tante volte è caduta e tante volte ha provato a rialzarsi, a reagire. Penso solo a tutti i terremoti, all’incredibile ricostruzione delle città barocche che abbiamo visto in questi giorni, ma anche alla reazione dopo il terremoto di Gibellina del 1968, il luogo dove abbiamo visto il Cretto di Burri.

Esiste un libro, che mi ha suggerito Alice, la nostra fantastica guida della Valle dei Templi, che racconta le vicende di quel terribile momento. La gente sconvolta senza una casa di notte, a Gennaio. Fame, freddo, morti, feriti, bambini senza latte.
Il ministro Moro che arriva con un elicottero e tutti si aspettano di vedere arrivare gli aiuti e lui invece arriva solo con delle promesse. Dopo un giorno appare di nuovo l’elicottero e scende Saragat. Non porta coperte, non porta latte. Di nuovo solo promesse. A quel punto dal capannello che si è formato attorno al Presidente della Repubblica una donna vecchia e disperata, una contadina con le mani spaccate e ruvide, si avvicina a Saragat e gli molla uno schiaffo.
Si chiamava Tina Manulonga.

Penso a questa storia che mi ha fatto compagnia per tutto il viaggio, penso a questa donna incredibile che trova il coraggio di un gesto per ribaltare secoli di soprusi. Penso a lei a tutte le tantissime donne che hanno fatto grandi cose in questa isola che rimane un’ isola battuta dai venti, battuta dai mari.

Ricordo tutti i dettagli piccoli e insignificanti, certi odori, i sapori, gli squarci di luce, il freddo dei piedi, il collo rigido e il sollievo della doccia bollente, metto in fila tutto, con calma, mentre scrivo nella hall dell’albergo di Catania, alla reception si parla di positivi al Covid, di tamponi, di mascherine ffp2 introvabili che se le trovi costano un euro e 50 l’una.

La vita va avanti tra piccole e grandi catastrofi, tra piccole e grandi storie da continuare a raccontare.